Il Decreto Agosto, Dl 104 del 14 agosto 2020, ha introdotto un’ulteriore legge di rivalutazione dei beni aziendali che può essere applicata ai beni risultanti dal bilancio dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2021.

Il codice civile, nell’articolo 2426 vieta le rivalutazioni dei beni al fine di evitare un annacquamento del patrimonio netto. In altre parole, non è possibile attribuire a un bene aziendale un maggior valore rispetto a quello di acquisto.

Con l’articolo 110 del Decreto Agosto, Dl 104/ 2020, il Legislatore ha introdotto una particolare norma di favore che consente alle imprese di effettuare la rivalutazione dei beni che risultano dal bilancio dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2019.

Lla norma è applicabile dai soggetti di cui all’articolo 73, comma 1, lettere a) e b) del Dpr 917/1986, che  adottano i principi contabili nazionali e dai soggetti Irpef di cui alla  legge 342/ 2000, quindi:

-le imprese individuali,

-le società in nome collettivo,

-le società in accomandita semplice,

-le società equiparate alle società di persone,

-le società per azioni,

-le società in accomandita per azioni,

-le società a responsabilità limitata,

-le società cooperative,

-le società di mutua assicurazione,

-gli enti pubblici e privati diversi dalle società,

-i trust che hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali.

-le persone fisiche non residenti che esercitano attività commerciali nel territorio dello Stato mediante stabili organizzazioni.

Sono oggetto di rivalutazione i beni d’impresa e le partecipazioni, escludendo espressamente gli immobili alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività di impresa.

Facendo presente che sono rivalutabili i beni risultanti dal bilancio dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2019, a differenza delle altre leggi di rivalutazione, la norma non obbliga i contribuenti a rivalutare i beni facenti parte delle singole categorie omogenee, ma consente una rivalutazione per singolo bene disponendo che essa «può essere effettuata distintamente per ciascun bene e deve essere annotata nel relativo inventario e nella nota integrativa».

Per i soggetti in contabilità semplificata che non risultano avere né l’inventario né tanto meno la nota integrativa, la rivalutazione andrà annotata redigendo un apposito prospetto, non vidimato e non bollato come chiarito dall’agenzia delle Entrate con risoluzione n. 14/E/ 2010 , che dovrà essere esibito, su richiesta, all’amministrazione finanziaria.

La rivalutazione prevista nel Dl 104/2020 può essere o solo civilistica o sia civilistica che fiscale, attraverso il pagamento, in quest’ultimo caso, di una imposta sostitutiva del 3 per cento.

Mentre nel primo caso la conseguenza sarà quella di aumentare il valore del bene solo ai fini del bilancio, continuando ad assumere come valore fiscale del bene il valore ante rivalutazione e creando, così, un doppio binario civile-fiscale; nel secondo caso attraverso il pagamento di una imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’Irap, del 3 per cento, è possibile attribuire valenza anche fiscale al maggiore valore attribuito civilisticamente al bene.

Qualora alla rivalutazione venga data solo valenza civile, i maggiori valori così attribuiti trovano applicazione, ai fini del processo di ammortamento o della loro cessione, a partire dall’esercizio successivo a quello in cui la rivalutazione viene eseguita. Nel caso specifico e facendo riferimento ai soggetti con l’esercizio coincidente con l’anno solare, visto che la rivalutazione dovrà essere eseguita nel bilancio relativo all’esercizio 2020, i maggiori valori troveranno applicazione a partire dall’esercizio successivo ossia dal 2021.

Non solo. In questo caso è necessario anche stanziare in bilancio un fondo imposte differite.

Se, invece, viene data anche rilevanza fiscale ai maggiori valori civili, la norma stabilisce che tali maggiori valori sono fiscalmente riconosciuti «a decorrere dall’esercizio successivo a quello con riferimento al quale la rivalutazione è stata eseguita» ossia sempre dal 2021.

Vista la coincidenza di effetto civile ed effetto fiscale, in caso di pagamento dell’imposta sostitutiva non si dovranno stanziare in bilancio alcune imposte differite attive. Vi è, però, da tenere in considerazione la clausola di salvaguardia contenuta nella norma, e che prevede che in caso di
-cessione a titolo oneroso,

-di assegnazione ai soci,

-di destinazione a finalità estranee all’esercizio dell’impresa,

-consumo personale o familiare dell’imprenditore,

dei beni rivalutati, «in data anteriore a quella di inizio del quarto esercizio successivo a quello nel cui bilancio la rivalutazione è stata eseguita», per la determinazione della plusvalenza o della minusvalenza si deve tenere conto del costo del bene prima della rivalutazione in commento. In altre parole, in tali casi è come se la rivalutazione non avesse avuto luogo e l’impresa potrà scomputare dall’imposta dovuta sulla plusvalenza l’imposta assolta, su tale bene, per la rivalutazione.

Per quanto concerne il saldo attivo di rivalutazione, esso può assumere due diverse vesti fiscali:
-una riserva non in sospensione d’imposta in caso di non pagamento dell’imposta sostitutiva del 3 per cento. La riserva, quindi, può essere distribuita ai soci senza effetti, a livello di tassazione, in capo alla società, ferma restando la tassazione in capo ai soci stessi;

-una riserva in sospensione d’imposta nel caso di pagamento dell’imposta sostitutiva del 3 per cento. In questo caso qualora la riserva venisse distribuita ai soci, oltre ad essere tassata in capo a questi ultimi con le normali regole valide per i dividendi, essa viene tassata, al lordo dell’imposta sostitutiva, anche in capo alla società senza il riconoscimento del credito d’imposta per l’imposta sostitutiva pagata.

Qualora si voglia rendere “libera” la riserva in sospensione d’imposta, ossia non tassabile in capo alla società, la norma prevede il pagamento di una imposta sostitutiva per tale affrancamento che è pari al 10 per cento della riserva stessa.

Sia l’imposta sostitutiva del 3 per cento che l’eventuale imposta del 10 per cento per l’affrancamento della riserva della rivalutazione va versata, anche in compensazione, in un massimo di tre rate di pari importo: la prima con scadenza entro il termine di versamento a saldo delle imposte sui redditi relative al 2020, le altre due rate per il versamento a saldo delle imposte sui redditi dei periodi d’imposta successivi.

Daniele Andreotti